Domanda:
Perché il Graal è associato al calderone dei Dagda. Come possono essere associati tra loro?
2006-08-01 01:50:31 UTC
10 punti alla risposta più completa ed esaustiva.
Otto risposte:
Lino41
2006-08-01 05:04:42 UTC
Il calderone è servito alle streghe delle nostre leggende, comprese le "mazzere" della Corsica, a cuocere i loro intrugli magici o demoniaci. Ma tra i celtici equivaleva al corno, al vaso o alla giara di altri popoli: era il calderone dell' abbondanza che dispensa un cibo inesauribile, simbolo di una conoscenza senza limiti. In questo senso, il calderone sembra essere l' antenato, il prototipo, del Graal . Bisogna però precisare che la letteratura celtica distingue tre tipi di calderoni: il calderone dell' abbondanza, il calderone della resurrezione, nel quale si gettano i morti perché resuscitino il giorno dopo, e il calderone sacrificale, nel quale viene fatto affogare il re decaduto nel vino o nella birra mentre si da fuoco al suo palazzo.
fallininlove
2006-08-01 08:58:18 UTC
Il termine Graal deriva dal latino Gradalis, con cui si designa una una tazza, un vaso, un calice, un catino. Questi umili oggetti rivestono nella mitologia un nobile ruolo: sono infatti i simboli del grembo fecondo della Grande Madre, la Terra, e, come l'inesauribile Cornucopia dei Greci e dei Romani, portano vita e abbondanza. La coppa della vita dei Celti è il "Calderone di Dagda", portato nel mondo materiale dai Tuatha De Danaan rappresentanti ultraterreni del "piccolo popolo". Molti eroi celtici hanno avuto a che fare con magici calderoni; nel poema gaelico Preiddu Annwn Re Artù andò a recuperarne uno addirittura negli Inferi. La tradizione cristiana annovera almeno due sacri contenitori: il Calice dell'Eucarestia e la Vergine Maria. Nella Litania di Loreto essa è descritta come Vas spirituale, vas honorabile, vas insigne devotionis, ovvero "vaso spirituale, vaso dell'onore, vaso unico di devozione": nel grembo (vaso) della Madonna, infatti, la divinità era divenuta manifesta.
raffaella b
2006-08-01 09:04:05 UTC
bè domandona ona ona a cui in non sò rispondere e non mi ci metto neanche a fare una ricerca. Del Graal si sono dette tante storie, fantasie e c..te poi ognuno la pensa a modo suo e a come crede
acarlo_big
2006-08-01 08:54:40 UTC
Provato ad uscire dal mondo delle favole?

credo ke sia ora
Api's.
2006-08-01 09:06:58 UTC
veramente no ne avevo idea di questa associazione ma potrebbe doversi al fatto degli attributi magici (e pure a la forma evocativa del utero )un simbolo, dell'abbondanza , e dell'ospitalita´( che ripresentano il calderone)."in primis". e rigenerazione e vita eterna (simbolo del calice cristiano). ma di queste associazioni ne troverai tante per esplicare e radunare le culture, e le credenze populare con le antiche sapienze
2006-08-01 09:01:06 UTC
il calderone di Dagda non è associato solo al Santo Graal ma anche alle Wicca......il motivo esatto non lo so ma so che era uno degli strumenti usati dal Dio irlandese Dagda....il calderone produceva un rifornimento di cibo inesauribile....quindi per logica posso pensare che èp associato al Santo Graal perchè ha contenuto il sangue di Cristo e qundi è un rifornimento inesauribile di vita e di nutrimento per l'anima....ma questa è solo una mia ipotesi!!!!
2006-08-01 08:57:35 UTC
Lascia perdere con queste domande idiote....Graal





Il Santo Graal, di Dante Gabriel Rossetti

Il termine graal designa in francese antico una coppa o un piatto e probabilmente deriva dal latino medievale gradalis, con il significato di 'vaso'. In particolare secondo la tradizione medievale il Graal è la coppa contenente il sangue di Gesù Cristo utilizzata nell'Ultima Cena. Proprio per aver raccolto il sangue di Gesù, tale oggetto sarebbe dotato di misteriosi poteri mistico-magici. In altre culture si identifica il medesimo oggetto con lo stesso nome. Per esempio il Graal è associato al calderone dei Dagda, un antico talismano della civiltà celtica.

Lo sviluppo della leggenda del Graal è stato tracciato in dettaglio dagli storici culturali: sarebbe una leggenda orale gotica, derivata forse da alcuni racconti folcloristici precristiani e trascritta in forma di romanzo tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII secolo. Gli antichi racconti sul Graal sarebbero stati imperniati sulla figura di Percival e si sarebbero poi intrecciati con il ciclo arturiano. I romanzi del Graal furono originariamente scritti in francese e successivamente tradotti nelle altre lingue europee, senza l’aggiunta di nuovi elementi.

Fu solo dopo che il ciclo dei romanzi del Graal si fu costituito che il Graal venne identificato con la coppa dell’ultima cena di Gesù Cristo, collegando l'etimologia dei termini francesi san greal ("Santo Graal") e sang real ("sangue reale").

Indice

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1 Origini

1.1 Antichità

1.2 La leggenda del Santo Graal come Calice dell'Ultima Cena

1.3 Il Graal e il re Pescatore

1.4 Il Graal e la leggenda arturiana

2 Il Canone del Graal

3 I luoghi del Graal

4 Interpretazioni moderne

5 Il Graal nella letteratura e nel cinema

6 Fonti

7 Bibliografia

8 Collegamenti esterni

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Origini



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Antichità

Le origini del Graal possono essere ricondotte ad antiche saghe celtiche intorno ad un eroe viaggiatore che si ritrova in un "altro mondo", su un piano magico parallelo al nostro. In questi racconti il Graal era semplicemente un piatto o coppa, come l’inesauribile cornucopia greco-romana, presentato per significare la natura mistica dell’altro mondo.

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La leggenda del Santo Graal come Calice dell'Ultima Cena

Secondo il racconto dei Vangeli sinottici (Matteo 26,26-29; Marco 14,22-25; Luca 22,15-20), durante l'Ultima Cena Gesù prese il pane, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi; poi prese il calice, rese grazie, lo diede ai suoi discepoli e disse: bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza versato per tutti in remissione dei peccati. Il giorno dopo, Venerdì di Passione, Gesù fu crocifisso. Quando venne deposto dalla croce uno dei suoi discepoli, Giuseppe d'Arimatea, lo avvolse in un lenzuolo e lo portò nella tomba di famiglia che si era da poco fatta costruire lì vicino. Mentre il corpo di Gesù veniva lavato e preparato per essere sepolto, alcune gocce di sangue uscirono dalla ferita infertagli dal centurione; Giuseppe la raccolse nella stessa coppa che era servita per la consacrazione dell'Ultima Cena. Giuseppe lasciò la Palestina e si rifugiò in Britannia con il Santo Graal, dove rimase per cinque secoli, affidato ai sacerdoti della chiesa Aquae Sulis. Nel VI secolo a causa dell'avanzata di eserciti pagani si volle portarlo in un luogo più sicuro. Quindi un sacerdote si incaricò di portarlo a Roma dal Papa. Ma quando arrivò all'Isola Comacina, a causa dell'invasione dei Longobardi fu costretto a fermarsi. Al Santo Graal venne dato il merito della resistenza riuscita contro i Longobardi, e venne costruita una chiesa (sull'isola) in suo onore. Con la vittoria dei Longobardi si cercò quindi di portare in salvo il Santo Graal, nascondendolo in un posto sperduto in Val Codera, da dove si sono perse le sue tracce.

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Il Graal e il re Pescatore

Il racconto del Re Pescatore riguarda un re zoppo la cui ferita alla gamba rende la terra sterile. L’eroe (Gawain, Percival, o Galahad) incontra il re pescatore ed è invitato ad una festa al castello. Il Graal è ancora presentato come un vassoio di abbondanza ma è anche parte di una serie di reliquie mistiche, che includono anche una lancia che stilla sangue (da alcuni interpretata come la Lancia di Longino) ed una spada spezzata. Lo scopo delle reliquie è di incitare l’eroe a porre domande circa la loro natura e quindi rompere l’incantesimo del re infermo e della terra infruttuosa, ma l’eroe invariabilmente fallisce nell’impresa.

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Il Graal e la leggenda arturiana

La storia del Re pescatore ed il Graal fu più tardi incorporata nel ciclo arturiano. In principio il racconto del re pescatore fu un episodio inserito prima dell’arrivo di Percival a Camelot, per poi evolvere in una esplicita ricerca del Graal da parte dei dodici cavalieri della Tavola Rotonda.

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Il Canone del Graal



Il Graal appare per la prima volta sotto forma letteraria nel Perceval ou le conte du Graal di Chrétien de Troyes (XII secolo). Dopo il Parzival of Wolfram von Eschenbach, per il quale il Graal è una pietra magica, fu Robert de Boron, nel suo Joseph d'Arimathie composto tra il 1170 ed il 1212, che aggiunse il dettaglio che il Graal sarebbe la coppa usata nell’Ultima Cena, nella quale Giuseppe di Arimatea avrebbe poi raccolto le gocce di sangue del Cristo sulla croce, come raccontato da alcuni apocrifi come le Gesta Pilati o lo Pseudo-Vangelo di Nicodemo. Giuseppe avrebbe poi portato la coppa nelle Isole britanniche e lì fondato la prima chiesa cristiana. La cristianizzazione della leggenda del Graal è proseguita dalla Queste del Saint-Graal, romanzo anonimo scritto verso il 1220, probabilmente da un monaco, che fa del Graal la Grazia divina.

Vari... cavalieri intrapresero la ricerca del Graal in racconti annessi al ciclo arturiano. Alcuni di questi racconti presentano cavalieri che ebbero successo, come Percival o Galahad; altri raccontano di cavalieri che fallirono nell’impresa per la loro impurità, come Lancillotto. Nell’opera di Wolfram, il Graal fu messo in salvo nel castello di Munsalvaesche (mons salvationis) o Montsalvat, affidato a Titurel, il primo re del Graal. Alcuni hanno identificato il castello con il santuario di Montserrat in Catalogna.

La leggenda del Graal è riportata anche in racconti popolari gallesi, dei quali il Mabinogion è il più vecchio dei manoscritti sopravvissuti (XIII secolo). Esiste anche un poema inglese Sir Percyvelle del XV secolo. In seguito le leggende di re Artù e del Graal furono collegate nel XV secolo da Thomas Malory nel Le Morte d'Arthur (anche chiamato Le Morte Darthur) che diede al corpus della leggenda la sua forma classica.

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I luoghi del Graal



Già nel Medioevo esistono testimonianze relative al luogo dove sarebbe conservato il Graal. Le più importanti sono:

La fonte più antica sulla coppa dell’Ultima Cena parla di un calice argenteo a due manici che era rinchiuso in un reliquiario di una cappella vicino Gerusalemme tra la basilica del Golgotha e il Martirio. Questo Graal appare solamente nel racconto di Arculfo, un pellegrino anglo-sassone del VII secolo, che l’avrebbe visto ed anche toccato. Questa è la sola testimonianza che il calice fosse conservato in Terra Santa.

Un’altra fonte della fine del XIII secolo parla di una copia del Graal a Costantinopoli. La testimonianza si trova nel romanzo tedesco del XIII secolo Titurel il giovane. Questo Graal sarebbe stato trafugato dalla chiesa del Boucoleon durante la quarta crociata e portata da Constantinopoli a Troyes da Garnier de Trainel, decimo vescovo di Troyes, nel 1204. Viene ricordato lì ancora nel 1610, ma sarebbe scomparso durante la Rivoluzione francese.

Dei due calici sopravvissuti fino ad oggi e creduti essere il Graal, uno si trova a Genova, nella cattedrale di san Lorenzo. La coppa esagonale genovese è conosciuta come il sacro catino. Il calice è di vetro egiziano verde e la tradizione vuole che sia stata intagliata in uno smeraldo. Fu portata a Parigi dopo la conquista napoleonica dell’Italia e tornò rotta. La sua origine è incerta; secondo Guglielmo di Tiro, che scrive verso il 1170, fu trovato nella moschea a Cesarea nel 1101. Secondo un’altra versione di una cronaca spagnola fu trovato quando Alfonso VII di Castiglia prese Almeria ai Mori nel 1147 con l’aiuto genovese; questi in cambio avrebbero voluto solo questo oggetto dal saccheggio di Almeria. L’identificazione del sacro catino con il Graal non è comunque tarda, dato che si trova nella cronaca di Genova scritta da Jacopo da Varagine, alla fine del XIII secolo.

L’altro calice identificato col Graal è il santo cáliz, una coppa di agata nella cattedrale di Valencia. Essa è posta su un supporto medievale e la base è formata da una coppa rovesciata di calcedonio. Sopra c’è una iscrizione araba. Il primo riferimento certo al calice spagnolo è del 1399, quando fu dato dal monastero di San Juan de la Peña al re Martino I di Aragona in cambio di una coppa d’oro. Secondo la leggenda il calice di Valencia sarebbe stato portato a Roma da San Pietro.

In tempi moderni vi è stata una fiorente speculazione sul luogo dove potrebbe essere custodito il Graal e sono state fatte varie ipotesi:

Castel del Monte

Castello di Gisors: dove lo avrebbero portato i Cavalieri templari

Takht-I-Sulaiman: uno dei principali centri del culto zoroastriano

Cattedrale di Bari, sul cui portale si trova un’immagine di Re Artù

Cappella di Rosslyn in Scozia

Glastonbury, dove sarebbe stato portato da Giuseppe di Arimatea

Oak Island negli Stati Uniti

Castello di Montsegur, dove lo avrebbero custodito i Catari

Chiesa di Rennes-le-Château in Francia

Disperso in val Codera (Lombardia)

Sepolto in un profondo pozzo nei dintorni di Aquileia il Puteum aureo

Chiesa della Gran Madre di Torino
Alex G
2006-08-01 08:54:02 UTC
Spiacente, ma non ne ho idea...


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